ETF ed ETC: una disamina delle principali caratteristiche tecniche e giuridiche

A cura di Mauro Giangrande, Head of Xtrackers Sales EMEA South

Nel novero degli strumenti finanziari che hanno come obiettivo quello di replicare in modo efficiente l’andamento di una attività sottostante, nel mercato europeo esistono due famiglie di strumenti, gli ETF e gli ETC, entrambi molto noti alla comunità degli investitori istituzionali e retail. Nonostante abbiano molti aspetti che li accumuna, questi strumenti presentano differenze sostanziali, soprattutto in merito alla loro struttura giuridica e tecnica.

Per quanto riguarda gli ETF (Exchange Traded Funds), l’acronimo dice sostanzialmente tutto: si tratta infatti di fondi di investimento o comparti di SICAV negoziati in borsa come le azioni. In Europa la normativa che regola i fondi è la direttiva UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), la quale garantisce un elevato livello di protezione per gli investitori grazie a rigorosi requisiti di trasparenza, liquidità e diversificazione. Ed è proprio attorno al concetto di diversificazione che risiede il primo dei due motivi per i quali sono nati gli ETC: l’Articolo 52 della Direttiva UCITS prevede infatti che un fondo non possa investire più del 5% del proprio patrimonio in valori mobiliari o strumenti del mercato monetario emessi dallo stesso organismo. Il limite del 5% può essere elevato fino a un massimo del 35% per i fondi indicizzati, qualora ciascuno dei restanti valori mobiliari detenuti dal fondo, emessi dallo stesso organismo emittente, non superi il 20% del totale. In pratica la direttiva UCITS per i fondi indicizzati impone un minimo di 5 attività nelle quali il fondo deve investire (per quelli non indicizzati vale invece la famosa regola 5/10/40). Il secondo motivo per il quale sono nati gli ETC riguarda invece la natura del sottostante. Quest’ultimo deve essere ricompreso nella definizione di “transferable securities” secondo quanto previsto dall’art 2 (n) e dall’art 50, paragrafo 1 e 2, della direttiva UCITS. In questo elenco non è ricompreso l’investimento diretto in materie prime come oro e argento.

Gli ETC sono stati dunque ideati per offrire agli investitori la possibilità di investire in un singolo sottostante o in un paniere molto ristretto di sottostanti, incluse le commodity. Alla luce di quanto rappresentato non sorprende dunque che dall’acronimo sia sparita la F, sostituita dalla C. ETC (Exchange Traded Commodity) però, a differenza di ETF, nulla dice in merito alla natura giuridica dello strumento. Che cosa sono dunque gli ETC? Gli ETC fisici su metalli preziosi sono strumenti di debito a lunghissima scadenza, emessi da un SPV (Special Purpose Vehicle) a fronte di un investimento diretto nella materia prima sottostante. Il metallo prezioso è generalmente depositato in caveau di banche specializzate. Proprio quest’ultima caratteristica annovera gli ETC nell’ambito delle Asset Backed Security, perché non è il patrimonio della società emittente (che è per definizione una scatola vuota) a garantire l’emissione, ma l’acquisto della commodity e lo stoccaggio della medesima in un conto segregato. Si crea in questo modo un patrimonio separato detenuto dall’ETC, il quale non è aggredibile in alcun modo dai creditori della società che gestisce l’SPV, di solito una banca o un asset manager. Solo i detentori dello strumento hanno diritto, in proporzione al numero di ETC acquistati, a rivalersi sul patrimonio del veicolo in caso di un evento di liquidazione anticipata. In sintesi, mentre per gli ETF uno degli aspetti fondamenti, ossia la separazione patrimoniale, è regolato dalla direttiva UCITS, nel caso degli ETC è stabilito su base contrattuale dal regolamento dello strumento, di conseguenza è ancora più opportuno, prima di effettuare qualunque investimento, leggere attentamente il prospetto informativo.

Oltre alla separazione patrimoniale, quello che rende dal punto di vista tecnico gli ETC fisici su metalli preziosi simili agli ETF, è la possibilità per gli operatori specializzati (noti come Authorized Participants) di sottoscrivere o rimborsare giornalmente gli ETC in natura (consegnando al veicolo, o ricevendo dal veicolo direttamente lingotti), oppure in contanti, riconoscendo al veicolo il valore ufficiale di chiusura del sottostante (ad esempio il Gold fix del pomeriggio del London Bullion Market – LMBA).  Questa importantissima caratteristica fa sì che tutti gli altri investitori, che acquistano a differenza degli Authorised Participants in borsa o OTC,  possano avere la ragionevole tranquillità che il prezzo dell’ETC rimanga sempre allineato a quello del metallo prezioso sottostante. Supponiamo infatti che in un dato momento della giornata un ETC fisico sull’oro quoti a premio rispetto al valore del sottostante. Uno degli Authorized Participant potrebbe vendere gli ETC allo scoperto, acquistare con i dollari incassati direttamente l’oro ad un prezzo più basso, consegnare quindi i lingotti all’SPV per sottoscrivere gli ETC, successivamente consegnare gli ETC alla controparte alla quale aveva originariamente venduto. Questa operazione si chiama in gergo tecnico finanziario arbitraggio, perché genera per l’Authorized Participant un guadagno senza rischio. L’arbitraggio produce una pressione al ribasso del prezzo dell’ETC, e quindi l’estinzione del premio. Se l’ETC quotasse a sconto, si creerebbe un’opportunità per un’operazione di segno opposto a quella descritta, ma l’effetto finale sarebbe il medesimo.

La separazione patrimoniale e la sottoscrizione ed il rimborso delle quote sul mercato ufficiale è quello che generalmente rende gli ETC fisici su metalli preziosi più simili agli ETF e diversi dai certificati d’investimento. Questi ultimi infatti sono spesso emessi da banche e garantiti dal patrimonio di queste ultime e non dall’investimento nel metallo prezioso sottostante. Condividono invece con i certificati l’impianto regolamentare, in quanto la normativa di riferimento per entrambi è la Direttiva Prospetti (2003/71/EC) e non La UCITS.

Sino ad ora abbiamo per semplicità descritto gli aspetti tecnici degli ETC più diffusi, ossia quelli che offrono accesso tramite la modalità di replica fisica ai principali metalli preziosi (Oro, argento, platino e palladio). Esistono però sul mercato anche ETC che replicano l’andamento di commodity che per loro natura non è possibile stoccare in maniera efficiente, ad esempio quelli su petrolio e gas naturale. In questi casi la struttura si complica un po’ perché a) il sottostante diventa un indice di future; b) il ricavato della vendita degli ETC sul mercato non è investito direttamente nella materia prima sottostante ma in un contratto derivato, generalmente uno swap, sottoscritto con una o più banche d’investimento.

L’indice è necessario perché i contratti future sono soggetti a scadenza e quindi bisogna prevedere una regola per la loro sostituzione (rolling). Ci sono indici che semplicemente sostituiscono il contratto in scadenza con quello immediatamente successivo (ad esempio quello di settembre con quello che scade ad ottobre) ed indici che effettuano una sostituzione meno frequente  (ad esempio trimestrale e non mensile). Tutti questi approcci sono stati sviluppati perché spesso la struttura a termine dei future su commodity è inclinata positivamente (in gergo tecnico contango) e quindi il passaggio dal future in scadenza a quello successivo implica un costo. Mentre per gli ETC fisici la fonte principale di scostamento tra l’andamento dell’ETC e quello della commodity sottostante è rappresentato dalle commissioni di gestione del prodotto, nel caso degli ETC su indici, l’investitore deve considerare in aggiunta i costi di rolling, i quali possono incidere anche in maniera significativa sulle performance.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello della modalità di replica, per consegnare l’andamento dell’indice di future di commodity, gli emittenti ricorrono alla sottoscrizione di un contratto derivato che si chiama swap. La controparte di questi contratti è generalmente una o più investment bank. Si genera quindi un potenziale rischio controparte che può essere o meno mitigato attraverso la previsione di un collaterale posto a garanzia della posizione. Natura e qualità del collaterale, nonché i livelli di collateralizzazione (i cosiddetti haircuts) sono, come per la separazione patrimoniale, stabiliti su base contrattuale nel prospetto e nel regolamento dell’ETC.

Ultimo aspetto attiene alla tipologia di sottostanti ai quali gli ETC offrono accesso. Mentre la struttura a replica fisica viene oggi utilizzata anche per gli ETC su Cripto Valute e Carbon Allowances, quella a replica sintetica è l’unica possibile per le strutture a leva (su singole azioni, indici azionari, commodity e valute). Questi prodotti sono spesso distribuiti anche sotto l’acronimo ETN (Exchange Traded Note), ma come ampiamente descritto non è l‘abito, e quindi l’acronimo, che fa il monaco, ma le caratteristiche tecniche dello strumento.