La consulenza finanziaria di domani? Negli USA e già realtà

A cura di Vanguard

Negli Stati Uniti è avvenuta una trasformazione del ruolo del consulente finanziario negli ultimi 50 anni. In Italia i passi saranno gli stessi, con qualche anno di ritardo.

•             I mercati della consulenza finanziaria statunitense e italiano hanno un’importante caratteristica in comune: non vi sono stati interventi normativi tali da stravolgere il modello reddituale dei consulenti.

•             Negli Stati Uniti si è passati in 50 anni dal consulente venditore di strumenti finanziari a consulente olistico o wealth manager. Di pari passo, la sua remunerazione è diventata in modo preponderante “a parcella” piuttosto che basata su retrocessioni.

•             In Italia i consulenti hanno di fronte grandi opportunità da cogliere, come il trasferimento di ricchezza fra generazioni, la tutela del patrimonio e della persona attraverso il mercato assicurativo e, più in generale, l’offerta di servizi accessori anche di natura non finanziaria.

Dovunque ci si trovi, la professione di consulente finanziario ha come fulcro la gestione dei portafogli di clienti. Le grandi differenze tra paese e paese risiedono nel metodo di lavoro e nella retribuzione dell’attività di gestione del portafoglio: il financial advisor inglese, a seguito del divieto delle retrocessioni imposto nel 2013 dalla Retail Distribution Review, e stato costretto a passare al modello retributivo “a parcella”; il financieel adviseur olandese ha subito la stessa sorte nel 2014. In Europa, nell’occasione del recepimento della Retail Investment Strategy, altri mercati stanno diventando sempre più stringenti in tal senso. Dall’altra parte dell’Oceano, gli Stati Uniti hanno emanato la direttiva DOLFiduciary Rule, la quale ha posto una lente sui costi degli strumenti finanziari e sui potenziali conflitti di interesse da essi derivanti, ma non ha impasto divieti ai modelli retributivi in essere.

Nonostante l’assenza di un vincolo normativo, il mercato statunitense negli ultimi 10 anni ha visto un passaggio dal modello retributivo a retrocessione con commissione di brokeraggio ad uno “a parcella”, il tutto guidato esclusivamente da regole di mercato. In Italia si sta andando nella stessa direzione, soprattutto grazie ai consulenti indipendenti.

Da consulente venditore a wealth manager

La professione di consulente finanziario si ritiene abbia le sue radici in un incontro avvenuto il 12 dicembre 1969, quando Loren Dunton, fino ad allora un venditore di successo di argenteria e di libri, si riunì con dodici professionisti presso l’hotel O’Hare di Chicago. II loro obiettivo era capire come sopperire alla mancanza di una figura professionale che non si soffermasse alla mera vendita di prodotti finanziari e assicurativi, ma che affrontasse i bisogni di pianificazione finanziaria dei clienti. Nel 1970 Dunton fondo la certificazione CFP®, il cui percorso di studi e diventato fondamentale per coloro che si sarebbero apprestati a diventare consulenti finanziari, da allora fino ad oggi.

I consulenti statunitensi dagli anni ’70 all’inizio del nuovo millennio si trasformano perciò da consulenti venditori a consulenti finanziari, con varie sfumature nella loro professione. Da dieci anni a questa parte stiamo assistendo ad una seconda trasformazione: quella del consulente finanziario a consulente olistico, anche detto wealth manager. Gli obiettivi del wealth manager non si esauriscono con la gestione del portafoglio finanziario del cliente, ma abbracciano il suo benessere personale e familiare nel senso più ampio: dal patrimonio finanziario a quello immobiliare, dalle necessita di protezione alla salute, dal trasferimento di ricchezza ai servizi personali. II wealth manager statunitense sta sempre più diventando un punto di contatto unico e imprescindibile del cliente.

Anagrafica del Wealth Manager statunitense

II wealth manager medio negli Stati Uniti è un  professionista con 18 anni di esperienza, con un’età di 50 anni e solo in un caso su cinque è donna. Detiene un portafoglio di $150mln se indipendente, $230mln se lavora in una rete di consulenza (wirehouse). II grande patrimonio gestito, assai superiore a quello del consulente medio italiano, deriva sicuramente dalla maggior disponibilità economica del cliente americano, ma ha anche ragion d’essere in virtù del metodo di lavoro del wealth manager. Metà dei wealth manager americani lavorano in team, così da poter offrire alla clientela servizi accessori come la pianificazione immobiliare, la consulenza su progetti filantropici, la costituzione di trust e di strutture per l’efficientamento fiscale, consulenza su aziende e la valutazione indipendente di portafogli detenuti da terze parti.

L’obiettivo di ogni wealth manager è quello di diventare l’unico punto di contatto per ii cliente su una serie di servizi forniti anche da terze parti. Se stessimo parlando di uno spot pubblicitario, si passerebbe dallo slogan “il cliente è al centro” a “il consulente è al centro”.

Remunerazione del Wealth Manager

Nel 2013 il 62% dei clienti statunitensi riteneva che i costi del servizio di consulenza non fossero chiari. Nel 2022 questa percentuale è scesa al 21%. Di pari passo la consulenza a parcella nel 2013 veniva utilizzata al 31% dei consulenti, arrivando al 71% nel 2022. La consulenza a parcella viene pagata in media 96 punti base, con picchi dell’1,3% per portafogli di grandezza intorno ai 100.000 euro, arrivando a 66 punti base per portafogli in gestione di 10.000.000 di euro.

Con l’introduzione sempre maggiore della consulenza a parcella, il timore del consulente è oggi, ed è stato finora, il potenziale danno derivante dal rendere espliciti al cliente i costi della consulenza, fino a quel momento celati dal modello basato su retrocessioni e commissioni di brokeraggio. In  quest’ultimo infatti il cliente non vede nessun addebito sul conto, visto che le commissioni generate per il consulente e per la fabbrica prodotto vengono dedotte dal prezzo e quindi dal valore dei prodotti in cui il cliente e investito.

L’evidenza dei fatti ha pero dimostrato che i clienti si sono rivelati estremamente propensi a pagare una commissione esplicita per il servizio di consulenza, come evidenziato dai sondaggi effettuati da società specializzate nel misurare la soddisfazione dei clienti. Questa propensione è crescente all’aumentare del patrimonio del cliente, ma è già vicina all’80% anche per i clienti meno abbienti.

II grande vantaggio del wealth manager americano, che giustifica tali costi espliciti, è la possibilità di offrire servizi accessori spesso non direttamente legati alla gestione di portafoglio. Questi servizi rendono spesso il consulente una figura professionale imprescindibile per il cliente. II sondaggio sotto evidenzia l’importanza dei servizi accessori: solo ii 16% dei clienti rispondenti ha espresso di ritenere la gestione del risparmio e gli investimenti come la principale attività che lo tiene legato al wealth manager.

I portafogli d’investimento del Wealth Manager

L’adozione sempre più massiccia del modello di retribuzione “a parcella” ha consentito alla gran parte dei consulenti americani di slegare la selezione dei prodotti finanziari da logiche remunerative. Con questa progressiva cancellazione del conflitto d’interessi tra consulente e fabbrica prodotto, si è assistito ad un sempre maggiore utilizzo di strumenti passivi in portafoglio, tanto da registrare un sorpasso sulle strategie attive. Queste ultime hanno comunque un peso molto rilevante nei portafogli dei clienti ma si concentrano su strategie satellite e spesso investite nei mercati privati, cosi da focalizzarsi sulle opportunità di generazione di un alpha significativo per il cliente secondo ii cosiddetto “approccio barbell“. Nel mercato americano, ii 90% dei consulenti utilizza ETF o fondi passivi e ben ii 64% utilizza fondi illiquidi.

L’Advisory Research Centre di Vanguard

Nel corso degli ultimi 20 anni Vanguard, asset manager statunitense do 9,3 miliardi di dollari di patrimonio in gestione, ha sviluppato una serie di documenti e ricerche volte alla semplificazione dell’attività del consulente finanziario e alla sua crescita professionale.

Tutto questo materiale è raccolto nel Vanguard Adviser’s Alpha, uno strumento messo gratuitamente a disposizione dei consulenti finanziari. Inoltre, nel 2024 Vanguard ha messo al servizio degli investitori europei e italiani ARC, l’Advisory Research Centre, con l’obiettivo di supportare la loro conoscenza, la loro leadership di pensiero nella gestione di portafoglio e la pianificazione finanziaria. “Il lancio di ARC è l’ultimo step del nostro impegno a sostegno degli investitori in tutta Europa. L’obiettivo del team è duplice: fornire approfondimenti concreti e rappresentare un punto di riferimento per gli investitori e i professionisti della gestione patrimoniale” ha commentato Robyn Laidlaw, responsabile European Distribution di Vanguard. Alla guida del nuovo centro di ricerca vi è Scott Johnston, Chief Financial Advisor, affiancato do Warwick Bloore, Sebastian Lewis e Fabrizio Zumbo. II riferimento per il mercato italiano sarà Fabrizio Zumbo, che proviene da Cerulli Associates dove ha diretto la ricerca europea nell’asset e wealth management.

L’Advisory Research Center di Vanguard non si concentrerà solo su temi di mercato: il suo obiettivo è di fornire un sostegno ai professionisti del risparmio nel loro lavoro e nel loro rapporto con i clienti. Per tale motivo verranno affrontati temi che nel prossimo futuro diventeranno sempre più importanti, ai quali i consulenti finanziari devono iniziare a pensare già ora. Ad esempio il trasferimento di ricchezza tra le generazioni, il cosiddetto great wealth transfer, argomento già sviluppato con successo nella prima ricerca di ARC rivolta al Regno Unito. L’importanza che questo tema avrà anche sul mercato italiano emerge da un numero: il team ARC di Vanguard stima che in Italia entro ii 2045 circa 1,1 mila miliardi di euro saranno oggetto di successione ereditaria.

ARC si appoggerà sulle ricerche e le risorse che già vengono sviluppate all’interno di Vanguard. Tra queste il pensiero innovativo dell’ Investment Strategy Group, il lavoro dei team di Investment e Product Analytics e il progetto Vanguard 360 “finalizzato ad aiutare i consulenti a servire al meglio i propri clienti” conclude Laidlaw. La potenza di fuoco di cui può disporre Vanguard in termini di informazioni e approfondimenti è estesissima, considerando che l’asset manager fornisce servizi ad oltre 50 milioni di investitori in tutto il mondo.